Archeologia e leggende a Mazzè, in terra canavesana
Dislivello: 100 m
Tempo complessivo: 2.30 ore
Difficoltà: T
Segnavia: bianco rossi, bianco verdi (saltuari)
Periodo consigliato: tutto l’anno
Carta: scala 1:20.000, n. 7 Carta dell'Anfiteatro morenico d'Ivrea, Ed. Mu
Mazzè e il suo castello sono l’ultimo avamposto del grande circolo morenico di quello che fu l’immenso ghiacciaio balteo. Qui la Dora si apre la strada per raggiungere la pianura e scendere a confluire nel Po. Da queste parti passava la strada romana che collegava Eporedia (Ivrea) con Quadrata e Industria. Guadando il fiume, i salassi prima e i romani poi, cercavano l’oro setacciando le sabbie trasportate dal ghiacciaio. Un’attività meno imponente di quella della Bessa, a settentrione della Serra di Ivrea, dove una riserva naturale tutela oggi gli spettacolari cumuli di ciottoli, residuo del lavaggio del terreno aurifero, ma sempre considerevole coprendo un’area di 150 ettari da cui furono estratte almeno 20 tonnellate d’oro.
Ignorate per molto tempo le aurifodine romane di Mazzè, le circospezioni all’inizio di questo secolo hanno permesso di accertare che tutte quelle pietre che emergevano qua e là non erano naturali ma frutto delle trasformazioni antropiche. Le ricerche condotte con la Sovrintendenza hanno rivelato la presenza di resti di canali di drenaggio, conoidi di deiezione, discariche di ciottoli e di un tratto ben conservato della strada romana, nonché di basamenti di capanne, tracce di un insediamento barbarico. La presenza della via romana è connessa con quella di un antico guado sulla Dora Baltea e con l’attracco delle zattere che risalivano il fiume. La verità storica circa lo svuotamento del grande lago canavesano di cui Viverone e Candia sono gli ultimi residui si sovrappone, invece, alla leggenda della Regina Ypa e della sua rivale Mattiaca. Strega, maga, amante perversa, sacerdotessa druidica, fata la prima, suscettibile dea la seconda. Il tempo e lo spazio si contraggono per poi dilatarsi: anni, secoli, millenni, Celti, Liguri, Salassi, Romani si confondono tra loro, intrecciandosi in improbabili percorsi. Ma come Hugo Pratt fa dire a Morgana, in una delle storie di Corto Maltese: “Il nostro mondo non morirà mai… Sinché ci sarà qualcuno capace di sognare … noi esisteremo”.
Il” Sentiero di Ypa” e quello “Oro dei ghiacciai” si concatenano e in parte si sovrappongono in una lunga e istruttiva passeggiata corredata di opportuni pannelli esplicativi lungo le carrarecce di questo angolo di Canavese, a due passi dall’area protetta del Lago di Candia. E sulla piazza del paese, proprio di fronte al municipio, un menhir reimpiegato come stele funeraria, gemella di quella che si trova sulla piazza del mercato di Chivasso, suggella la bella camminata.
Accesso. Da Mazzè si prosegue sulla SP che conduce al ponte sulla Dora di Villareggia svoltando a destra (indicazioni) sullo sterrato che porta al parcheggio.
Itinerario. Dal parcheggio (216 m) si prosegue lungo la strada asfaltata. Giunti nei pressi dell’ex discarica, si continua diritti attraverso vigneti e campi in quello che fu il paleo-alveo della Dora Baltea abbandonato dal fiume circa 20mila anni fa. Poco oltre, dopo una breve salita, nei pressi di un pilone, si svolta a sinistra continuando sino all’ingresso di una cava di ghiaia. Se ne costeggia la recinzione poi si scende verso sinistra. Si abbandona quindi lo stradello più battuto per svoltare ancora a sinistra, e poi a destra. Si percorre un tratto della via romana e si perviene allo spiazzo al centro dell’area archeologica. A destra si scende a fianco della strada romana al guado sulla Dora dove termina il percorso “Oro dei ghiacciai”.
Si torna indietro e si prosegue diritto sulla strada della Ressia. Dopo pochi metri, una deviazione a sinistra conduce ai cordoni dei ciottoli di discarica. Ripreso il cammino su strada della Ressia, si perviene all’omonimo pilone e alla Strada dei Boschetti. Seguendo quest’ultima si può tornare al punto di partenza mentre, proseguendo oltre, si giunge alla Chiesa di San Lorenzo e Giobbe edificata nel X secolo su rovine di un sepolcro romano situato su di un cordone di discarica (1.30 ore). Poco oltre, si esce sulla strada provinciale dove si svolta a sinistra. La si segue per circa 200 metri, poi la si attraversa per imboccare lo sterrato che scende a costeggiare la Dora. D’inverno, nel lago formato dalla diga, si possono osservare svariate specie di anatidi svernanti. Si supera la ex Darsena, che fu approdo privato dei signori di Mazzè, e dopo qualche centinaio di metri si lascia il fondovalle per risalire a sinistra (segnavia Ypa e GTB). Dopo un tratto piuttosto ripido si segue lo stradello verso sinistra che conduce a una biforcazione dove si può indifferentemente seguire l’uno o l’altro dei sentieri. Confluiti sullo sterrato che giunge dalla regione Masi, si continua sulla sinistra. Litigando talvolta con i rovi invasivi, si sale costeggiando la Rocca Plà sempre più decisamente, raggiungendo così la cima della collina e la zona del Castello in prossimità della Chiesa di San Michele. Seguendo la via Al Castello si scende verso la Provinciale percorrendo la quale si torna al punto di partenza, non prima di una digressione sulla piazza per osservare la stele.
Testo di Aldo Molino e Filippo Ceragioli
Foto Aldo Molino
In collaborazione con @piemonteparchi : http://www.piemonteparchi.it/cms/index.php/territorio/sentieri-provati/i...