Esistono numerosi racconti popolari che vedono partecipi esseri mitici con sembianze animali. Tra i tanti, in Valsesiana esiste la leggenda dell’uomo selvatico, o “l’òmm salvaig” in dialetto.
“V’era una volta un vecchietto d’indole così selvaggia, che se ne stava tutto solo, anche nel cuor dell’inverno, in quel luogo degli alpi di Otro […] L’uomo selvatico continuò a dimorare chissà fino a quando in die Saccu; l’Alpe d’Otro continuò a produrre solo segale e patate; il frumento e la vite hanno ancora da venire” come raccontava lo studioso Ragozza nella sua raccolta del 1983.
Questo uomo che vive allo stato selvatico, si trova molto frequentemente nelle tradizioni montane valsesiane. A Campertogno, le caratteristiche della leggenda sono state tramandate attraverso le generazioni in versioni diverse, ma sempre con specifici riferimenti alle usanze e ai luoghi del paese.
L’Uomo Selvatico si presenta sotto diverse forme che variano da luogo a luogo, anche se permane un carattere comune, cioè quello di abitare nei boschi e nelle caverne. Nonostante l’apparenza rozza, possiede una valenza positiva piuttosto che negativa: in genere la novellistica lo presenta come un selvatico buono, depositario di un antico sapere, che condivide con chi lo accoglie amichevolmente.
Ancora, nella favolistica italiana il Selvatico è portatore di una cultura agropastorale raffinata e ignota agli uomini, custodisce antiche conoscenze: proverbi, proprietà̀ terapeutiche delle erbe, linguaggio degli animali. A volte l’Uomo Selvatico veniva catturato e costretto a svelare i suoi segreti.