Un nuovo movimento artistico interessa l’architettura e le arti applicate nel ventennio tra fine Ottocento e inizi Novecento, assumendo denominazioni diverse a seconda delle aree interessate: in Francia prende il nome di Art Nouveau, in Germania di Jugendstil, in Austria di Secessionstil (Secessione), di Modernismo in Spagna e di Arts and crafts movement in Gran Bretagna. In Italia è indicata come Liberty, dal nome dei magazzini londinesi di Arthur Lasenby Liberty e si diffonde con l’Esposizione di Torino nel 1902. Il nuovo stile, rifiutando decisamente l’eclettismo ottocentesco e il gusto storicista, coinvolge l’architettura, la pittura, la scultura e ogni oggetto della vita quotidiana, decorando la città di motivi floreali, delicate nervature, ambienti vegetali, viticci, modanature, fino a un’identificazione con i presupposti della borghesia alla guida della modernizzazione della città. Eccentrico, sinuoso, elegante, il Liberty si afferma grazie al lavoro dell’architetto Pietro Fenoglio che nell’arco di tredici anni progetta oltre duecento edifici, molti dei quali caratterizzano il tessuto del corso Francia e delle vie trasversali che vi si innestano. Sul corso, oltre al Villino Raby (corso Francia 8 bis), Fenoglio progetta molti edifici accostando alla linearità delle cornici in litocemento l’eleganza decorativa e mettendo a frutto le possibilità di ardite soluzioni statiche fornite dalle nuove tecnologie e dalla produzione industriale: ferro, vetro e cemento (che ora imita materiali naturali con innovativi effetti plastici) diventano materiali privilegiati. Ne è un esempio la palazzina “La Fleur” (via Principi d’Acaja angolo corso Francia), che l’architetto progetta per sé e che si presenta terminante con una pensilina a forma di corolla floreale evidenziata dal motivo in litocemento. L’edificio con una torre angolare più alta e balconi diversi, presenta finestre con vetrate colorate e ferri battuti a motivo floreale. La decorazione dei muri esterni è dipinta con colori chiari tipici del repertorio Liberty: il verde, il rosa e l’azzurro. Un delirio di elementi vegetali con bow windows aggettanti è Casa Tasca (via Beaumont 3), progettata da Giovan Battista Benazzo nel 1903, mentre, degni di menzione, sono i tre villini (via Piffetti) di Giovanni Gribodo (1908), famosi per i loro ferri battuti, le decorazioni a coda di pavone, floreali e le caratteristiche sfingi. Esempi di Liberty sono anche Palazzo Maffei in corso Montevecchio 50 (di Antonio Vandone di Cortemilia, 1904), e alcuni palazzi di corso Galileo Ferrarsi e corso Re Umberto caratteristici per i ferri battuti, le vetrate colorate e i decori fitomorfi, nonché Villa Javelli (via Petrarca 44), opera di Raimondo D’Aronco che aveva progettato i padiglioni dell’Esposizione di Arte Decorativa Moderna al Valentino nel 1902. Tuttavia l’opera più nota del Liberty torinese rimane Villa Scott (corso Giovanni Lanza 57) progettata da Pietro Fenoglio nel 1902; un movimento ondeggiante, con un gioco di volumi che frutta appieno le caratteristiche del pendio, di logge, torrette, bovindi e finestre con decorazioni astratte o naturalistiche che Dario Argento scelse come location per il film Profondo rosso. Da non dimenticare infine il primo stabilimento Fiat in corso Dante 10 angolo via Marochetti 1, di Alfredo Premoli (1904-06) dove l’acronimo FIAT è incorniciato da motivi floreali che tornano sulle cornici delle finestre e lungo le inferriate.
Straordinariamente ricchi anche i locali pubblici di gusto Liberty, quale il Caffè Mulassano in piazza Castello 9. Progettato da Antonio Vandone di Cortemilia presenta un soffitto a cassettoni in legno e cuoio, pareti rivestite di specchi e boiseries, un bancone con alzatina in onice e decorazioni in bronzo realizzati dai migliori artigiani dell’epoca. Proprio accanto si trova un altro caffè storico torinese, Baratti & Milano, in piazza Castello 29, che si affaccia lungo i portici con un’imponente cornice in marmo arricchita da bassorilievi in bronzo. L’interno è di grande ricchezza decorativa: marmi intarsiati, soffitti a rosoni e stucchi dorati, cornici e stipiti riccamente lavorati. Significativo è l’affaccio sulla Galleria Subalpina, che si ispira ai passages parigini, ancora testimone di un gusto eclettico, declinato secondo il modello del bazar.