Una leggenda narra che quando il barone de La Brède giunse a Torino nel 1728 disse che i “muri della città parlavano”. In effetti, Torino pullula di mascheroni di pietra, (pare che ve ne siano più di duecento!) che rappresentano perlopiù figure zoomorfe o antropomorfe, messi a guardia di capitelli, architravi, finestre e portoni.
Secondo una teoria essi avrebbero una funzione apotropaica; ovvero, sarebbero stati costruiti con l’intento di tenere lontane le influenze maligne. Non a caso essi compaiono sugli ingressi dei palazzi nobiliari.
Volendo seguire un itinerario preciso, è consigliabile circoscrivere il perimetro al centro urbano, dove è raggruppato il maggior numero di testimonianze.
Si potrebbe, per esempio, iniziare da Piazza San Carlo, dove si possono ammirare numerosi mascheroni seriali, estremamente plastici nelle fattezze, che possono risultare diversi a seconda di come la luce li illumini o li ombreggi, e proseguire lungo Via Roma per poi arrivare in Piazza Carignano, dove sopra il ristorante il Cambio se ne trovano un paio.
In Piazza Castello si incontra la Medusa Gorgone, e poi prendendo via XX Settembre, all’angolo con Via Alfieri, si incontrano Le corna di Pan, e arrivare così nella sede del consiglio regionale, in Via Alfieri 15, dove all’ingresso si trovano altre curiose maschere grottesche.
Ma se ne trovano altri in Piazza Solferino, intorno alla bellissima fontana Angelica.
Un altro importante figura bizzarra si trova al Mastio della Cittadella: posto a chiave di volta del portone d’accesso, con la sua smorfia intendeva sbeffeggiare gli invasori che tentavano di entrare per quel ingresso, dal momento che si tratta di una falsa porta.
Il nostro consiglio è quello di perdervi per le vie del centro cittadino cercando di fare attenzione ai portoni delle case, agli architravi e alle finestre alla ricerca dei mascheroni perduti.
Foto di @alessandra.corra - Archivio Regione Piemonte