Tra il Cinquecento e il Seicento, la Chiesa, influenzata dal Concilio di Trento e la Riforma protestante, ridefinì la dottrina e la pratica religiosa, rinsaldando le sue fila e rigettando ogni predicazione contraria ai propri dogmi.
Le pratiche magiche, che durante il Medioevo erano state tollerate, anche in Piemonte vennero bandite. La stregoneria venne allora assimilata all’eresia, considerata perciò un crimine e come tale perseguita. I tribunali civili e religiosi, in un crescendo di intolleranza e di violenza, intensificarono la caccia alle streghe.
La Chiesa iniziò a giudicare la donna come principio di tutti i vizi. Al pari degli eretici e degli ebrei, anche le donne, soprattutto le più povere e meno protette – orfane, anziane, vedove – diventarono il capro espiatorio di tensioni che si originavano altrove. In altre parole, se una donna, non nobile e ricca, manifestava comportamenti “originali” e non era sottomessa all’uomo e ai valori dominanti, diventava una minaccia per l’ordine sociale.Una donna poteva essere accusata di stregoneria sulla base di sospetti, dicerie e prove inconsistenti.
Le confessioni in genere erano estorte attraverso la tortura e le accusate finivano con l’ammettere quelle colpe ignominiose. Molte furono le vittime, ingiustamente sacrificate dai pregiudizi e l'ingiustizia dell'epoca: da Antonia di Zardino, alle streghe di Suno.